Creatività come Compromesso
Ci siamo soffermate molto a pensare alla creatività. Lo abbiamo fatto perché crediamo che abbia molto a che vedere con gli obiettivi che, di volta in volta, ci si propone nella relazione terapeutica, ma anche perché creatività è la parola che ci ha messo più alla prova in questi mesi di progettazione di ComeQuando, facendoci incontrare l’emozionalità che il decidere di investire in qualcosa porta con sé.
Per pensarci abbiamo dovuto mettere in discussione l’ingombrante mito della creatività che la vuole individuale, istintuale, astorica ovvero fuori dallo spazio e dal tempo.
Creatività è anche associata quasi esclusivamente alla produzione artistica. Non crediamo sia solo lì. Noi crediamo si trovi ovunque ci sia un processo produttivo ovvero ovunque sia possibile osservare la capacità di realizzare qualcosa (materiale e immateriale) attraverso la mediazione tra mondo interno e mondo esterno.
La parola creatività deriva dal verbo creare. Questo verbo rimanda ad un duplice universo di significati. Da una parte Dio e la creazione di qualcosa o qualcuno dal nulla , dall’altra l’Uomo e la competenza a produrre, costruire, ideare, inventare.
La duplice valenza sottolineata è spesso il luogo in cui sperimentiamo grandi difficoltà emotive.
Da una parte le aspirazioni e le attese di veder realizzare qualcosa nella propria vita, dall’altra la realtà fatta di limiti, condizioni, contesti e rapporti. Per poter creare qualcosa è importante confrontare questi due mondi. Senza tale rapporto, le aspirazioni saranno solo espressione di velleità onnipotenti e pretenziose (“creare dal nulla”) ed in quanto tali, destinate a fallire, inverando così la paura che si cerca di esorcizzare.
Per poter creare qualcosa è importante accogliere l’emozione del compromesso, parola bellissima e molto osteggiata dalla cultura avida contemporanea. Cum – promìttere dal latino ci parla del promettere insieme, darsi la parola, prendere accordi con qualcuno o qualcosa. Si tratta di un processo relazionale, distante dalla creazione divina. Passa dal rinunciare alle aspirazioni senza limiti propria di chi confronta il proprio operato con la divinità. Di divinità si è pieni nella vita. Tutti i nostri modelli, se idealizzati, possono diventare divinità. Compromettersi vuol dire rinunciare alle fantasie onnipotenti e quindi scegliere di realizzare qualcosa misurandosi con il potere che è proprio di chi si confronta con la realtà, con la fatica e la difficoltà della realizzazione.
Nella letteratura psicoanalitica se ne parla nei termini di desiderio, inteso non come sinonimo di volere, ma come competenza a compromettersi, scendere a patti con la realtà e godere di tale rapporto. Ricordiamoci che le cose si fanno solo nella realtà e che senza ostacoli e problemi non vengono le idee.
Parleremo di tutto questo attraverso tre contesti:
- La psicoterapia come laboratorio di creatività di Francesca Roberti;
- Giovani e futuro. O del rapporto tra creatività e limiti di Donatella Girardi;
- Creatività, voce del verbo desiderare di Carolina Host
Buona lettura!

Donatella Girardi
Psicologa Clinica e Psicoterapeuta
ad orientamento Psicoanalitico